Sole mio bello non ti vedrò mai più

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APPUNTI PER UNA RICERCA

Luana Trapè

 

                 Viaggio intorno all'ex manicomio di Fermo, Livi Editore, Fermo (AP)

 

 

Una prima indagine, effettuata presso l'Archivio di Stato di Ascoli Piceno (era la Provincia di Ascoli Piceno, infatti, l’Ente proprietario del Manicomio) portò all’affioramento di regolamenti, diete, lettere burocratiche dei Direttori e di Enti vari, certificati di uscita, progetti di ristrutturazione, relazioni della Commissione di vigilanza ecc, che configuravano un abbozzo di storia, un accerchiamento delle trame individuali senza penetrarle. Il ritrovamento dei Rendiconti  pubblicati dal primo Direttore, dottor Alessandro Bianchini, permise un lento avvicinamento alle microstorie di persone ancora senza volto, ma fu la lettura dell'Archivio del manicomio a fornire una fisionomia del loro destino.

Grande è la messe di documenti ancora da analizzare, numerosi i percorsi possibili per una futura indagine con tempi lunghi: per il medico, lo storico, il sociologo, l'economista, l'architetto ...

Narrare frammenti di esistenze è il punto di vista che agisce in prevalenza nel breve repertorio  seguente; la selezione cronologica si restringe ai primi decenni di vita del Manicomio innanzitutto per rispetto della privacy; in secondo luogo poiché  -scomparsi ormai tutti i protagonisti - le storie risultano irriconoscibili e dunque esemplari; infine, a segnare un pendant rispetto agli ultimi anni rivissuti dagli psichiatri che vi lavorarono, a tracciare i confini di un percorso ormai innegabilmente chiuso. Inizio e fine, insomma, dai clamori dei primi malati al silenzio delle stanze vuote.

 

 

Sono senz'altro illuminanti sulla psichiatria del tempo le sapienti riflessioni del dottor Bianchini e tali da dover essere quantomeno accennate. Tuttavia la Modula, compilata dai medici condotti nella gran parte dei casi con competenza e sollecitudine, è specchio tanto intenso dei fatti e della mentalità del tempo (per la ricchezza dei particolari psicologici, umani, medici e sociali) da offrirsi quale fonte privilegiata di informazione, senza contare l'indubbio pregio della rappresentazione dei folli nei luoghi della "normalità", non ancora fissati  nello stereotipo del manicomio.

Nei primi tempi, quando il Manicomio è soprattutto un Ospizio, sfilano persone "miserabilissime" che abitano in tuguri e non hanno da mangiare e per loro la cura sarà un' alimentazione molto nutriente. Una buona parte delle storie degli uomini si riduce all’essere poveri, bere molto vino, picchiare la moglie; per le donne, essere povere e tentare di suicidarsi. Le manifestazioni sono simili e monotone: clamori, urla, violenze, levarsi le vesti e fuggire di casa.

Ciò non toglie che in altri casi, grazie al linguaggio dotto e puntualmente descrittivo dei medici, si aprano degli squarci di letteratura ottocentesca, che mescola insieme feuilleton e tragedia. Alcuni sono assaliti da "concentrazione e tristezza", oppure dalla furia e allora lampeggiano accette; ventenni vengono improvvisamente presi da malinconia, da crisi religiose o dalla voglia di annegarsi; qualcuno scappa semplicemente di casa e una volta trovato viene internato. Pazienti che entrano, escono e rientrano, mentre "la famiglia si lusingava che il male questa volta potesse essere passeggero e si fosse potuto vincere con riguardi e cure, ma l'esperienza ha dimostrato che quella lusinga è vana". Chi diventa "astratto e taciturno menando una vita ritirata nel timore di essere fatto segno alla gente e mostrato a dito"; uno studente "precipitavasi dal balcone"; una vedova "si getta dall'unica finestra dell'atterrato pericolante in cui abita", uno "il suo giaciglio l'ha convertito in porcile", l'altra "si sdraia in terra come un animale immondo". Una spacciatrice di vino “in seguito a un sogno allarmante cominciò a dar segni non equivoci di mentale squilibrio”. E infine una notazione veramente inquietante sulla coscienza della malattia di quel soldato che "intendeva di non intendere bene come prima" e, novello Ercole,  "pensava di avere i serpenti e la potenza di mandarli via".

Sullo sfondo, in una visione lontana e trasversale, passa la Storia: Mazzini e Garibaldi, la soppressione delle scuole religiose dopo l'unità di Italia, la repressione del brigantaggio, le febbri terzane e tifoidi.

 

AMORE 

Non corrisposto, deluso o in altro modo disturbato, tenuto occulto o semplicemente immaginato, occupa indifferentemente la mente di uomini e donne, porta alla malinconia, al tentativo di suicidio. Le donne vagano di notte con la sola camicia, non mangiano più, si rivolgono a maghi e fattucchiere.

La storia esemplare di una donna di 29 anni.

"... In origine possidente, presentemente ridotta a miserabile condizione, dedita ai lavori specialmente di sartrice, molto amante dei divertimenti e della relazioni amorose ... E' da notare come la nostra inferma, non trattenuta più da vincoli di severa educazione (la donna ha sempre bisogno di vincoli, altrimenti traligna N.d.A.) incominciasse a frequentare persone, che non troppo amanti di riservatezza, potevano facilmente esaltare e sconvolgere l'immaginativa.

La malattia si mostrò la prima volta nel 1858 al finire di Luglio, quando trovandosi in trattativa di matrimonio, per mancanza di alcuni oggetti che costituivano il suo corredo, e più per difetto della dote che la Madre non poteva apprestarle sul momento, vedeva un poco raffreddarsi e portarsi a lungo il contratto. Montò sulle furie, fuor di se stessa, incominciò a commettere mille stravaganze, piangeva, rideva, discorreva parole oscene, faceva atti licenziosi, e ben volentieri si tratteneva in compagnia di qualche giovane. Durò in questo stato per circa tre mesi, e quindi condotta al Regno di Napoli e fatta curare da una maliarda, ritornò un poco nella sua conoscenza, tormentata però sempre dalla idea di non potere più andare a nozze. Contuttociò fu riallacciata la relazione amorosa e durò qualche tempo, ma poi il fidanzato, accortosi e persuaso che ella non era più libera delle facoltà intellettuali, l'abbandonò assolutamente e questo abbandono fruttò alla povera giovane un accesso più violento di isteromania, accesso che dal 1859 si è andato sempre ripetendo ad intervalli poco distanti dove l'ordine delle idee è sconvolto continuamente … Esce di notte anche nelle intemperie poco coperta nella persona; grida, schiamazza, percuote le sorelle, e una volta adattò un colpo sul dorso alla madre da farla precipitare dalla scala; discorre volentieri parole laide e qualunque oggetto le venga innanzi nella sua casa lo getta lontano dalla finestra. Canta, è loquacissima, di appetito grande e irregolare.“

Nel lasso di 12 anni la donna entra ed esce nel manicomio, finché nel 1872  “dichiarata perfettamente guarita e avendo osservato che aveva volentieri collaborato nell'assistenza alle sue compagne, veste l'uniforme da infermiera del manicomio.”

 

CAUSE

Escludendo le "affezioni isteriche", le cause della follia accomunano uomini e donne. Patemi d'animo, scrupoli religiosi e morali, povertà, "impressioni ricevute o presunte durante un amoreggiamento", amore non corrisposto o disastri economici familiari, perdita dell’impiego, veder sfumare il matrimonio, febbri, ereditarietà. Suscita reminiscenze verghiane la storia di un colono in cui la pazzia ereditaria, latente, si scatena per la morte del suo maiale.

 

CELIBI, CONIUGATI, VEDOVI

"... In genere la condotta più metodica, ed in poche parole più temperata ed igienica del coniugato rispetto al celibe e al vedovo, può ritenersi quale condizione della minore sua spinta ai pervertimenti della ragione, e nei vedovi avverasi il contrario, anche a preferenza della donna, che è un essere facile a smarrirsi e il più passivo, e con maggior bisogni di riposare il suo affetto, e le speciali sue tendenze d'istinto". (B)

 

CIBO

La dieta di un contadino alla fine dell’800. Pane, polenta , legumi, patate, castagne

La dieta tipo del manicomio:

I classe (per i paganti)

Colazione: caffè col latte, cioccolata, crostini di pane. Pranzo: Minestra, carne, due pietanze, frutta, pane e vino. Cena: una pietanza, insalata ovvero zuppa al brodo, frutta, pane e vino

II classe (per i poveri, mantenuti dall’Amministrazione Provinciale)

Colazione: pane, carne salata o formaggio gr 20, ovvero caffè e latte. Pranzo: minestra, carne lessa 100 grammi o pesce gr 200, pane e vino; cena: insalata o erba cotta o patate gr 320 e pietanza.

 

COSTUME

Per lo più i contrassegni della follia sono comuni ai due sessi, come fare discorsi senza senso, gridare, fuggire di casa, minacciare, tirare sassi, percuotere, tentare di uccidere (e talvolta riuscirci). Nel caso si tratti di parole "laide" o discorsi scandalosi, vagare senza vestiti oppure semplicemente "girare di notte anziché di giorno", solo per le donne si innesca la riprovazione morale, allora soltanto l'osservatore usa l'espressione "atti contro il buon costume".

"Ella di buon grado si abbandonava a discorsi sensuali ed osceni, da un buon mese tiene una condotta molto riprovevole in fatto di costume".

"Commette atti contro il buon costume, si alza le sottane in pubblico fino alla cintura, folleggiando per le strade".

 

CURE

Somministrate a domicilio dai medici condotti prima del ricovero:

Per il paziente povero il rimedio universale è il purgante (perfino nel caso della misera donna  gettatasi nel fiume, disperata per la morte della sua bambina di cinque anni), accompagnato dall'applicazione di mignatte alla testa, bagni freddi o tiepidi.

Laddove i mezzi finanziari permettano l'acquisto di medicine, le prescrizioni sono: decotti di china e valeriana, cloralio idrato, bromuro di potassio, rabarbaro, digitale acetato di morfina, pillole d'oppio.

Prescritte dal dottor Bianchini:

" Per gli espedienti curativi delle malattie, singolarmente per quelle mentali, avviene lo stesso dei disinganni che si provano nella vita. Il lusso, di oggi, dei rimedi che si propongono e le sicurezze dei vantati metodi, si raffrontano grandemente  con quelle proteste filantropiche e di  benevolenza e di amicizia, di strette di mani che pur troppo per chi non si pasca d'illusioni vanno attiepidendosi e dileguandosi a guisa di fantasmi che ci si presentano nei sogni, e nelle molteplici altre larve che ci trapassano dinanzi nel correre della vita. Conché non intendo d'infirmare il valore complessivo del regime curativo, né del doversi sperimentare temperatamente i nuovi rimedi, che noi pure provammo, e proviamo alla lor volta; ho voluto qui solo alludere al bisogno che vi è ... di affidarsi preferentemente a quelle essenziali e comprovate prescrizioni, che omai il buon senso ha sanzionate, e l'opera clinica va tutto giorno confermando....

La mania, che è ben la forma più comune fra le alienazioni, la curo generalmente col metodo deprimente, associandovi l'uso delle bevande temperanti, e talvolta anche eccoprottiche, la privazione della luce, l'isolamento, la dieta più o meno ristretta, e spesso i sedativi freddi... Utilissimi i calmanti, in specie i freddi, belladonna, giusquiamo, lauroceraso. Declinando il morbo, rimetto l'individuo gradatamente nel consorzio degli altri; continuo in una opportuna igiene fisico- morale, valendomi sopramodo del passeggio, della distrazione, ed usando di quella dolcezza e di quel modo confidenziale, che a me sembra il miglior conforto morale.. Nella Lipemania o Monomania triste ed in Monomania propriamente detta... conviene il metodo tonico, ricostruente e rivulsivo; la china, i marziali, i rabbarbarini, gli aloetici, la tintura alcoolica di noce vomica, gli amari, le fredde abluzioni; i vessicanti, la moxa, la pomata stibiata, il cauterio... Fanno parte essenziale del regime degli Alienati i mezzi di repressione: in oggi e per ragioni di umanità, e pel progredito incivilimento dei popoli, ogni mezzo che senta degli antichi metodi di reclusione è totalmente abbandonato: invece le maniere dolci ed amichevoli sono oggi generalmente adottate. Ed io mi studio di seguire religiosamente questo metodo.... essendo verissima la sentenza del Pinel che il metodo di repressione sia più atto a far perdere la ragione, che a farla recuperare. Io soglio reprimere i pazzi ne' soli casi urgenti, e quando si rendono dannosi a se stessi, ed a suoi compagni. Il Codice delle antiche pene è assolutamente bandito dal nostro Ospizio" (N.d.A. Completamente taciuto nelle riflessioni generali,   l'uso del "corsaletto di forza", campeggia invece nella maggioranza dei casi citati come esempi di guarigione).

 

DEMENTI

"Quella classe d'infermi, in cui rasi dall'anima sono gli affetti, perplessa è la mente, inerte ogni moto". (B)

 

DONNE

" Anche fra i nostri Alienati prevalse il numero degli uomini a quelli delle donne; lo che accade in quasi tutti i Paesi, in cui la donna non divida con l'uomo la stessa importanza civile. Io per me ritengo, che per la naturale disposizione, e precisamente per la  più squisita sensibilità e sentimentalità a scapito della intellettualità in confronto dell'uomo, la donna abbia primitivamente un maggior pendio come a tutti i mali nervosi, così pure alle vasanie in particolare. L'uomo peraltro per i suoi destini nella società, e quindi per i maggiori incitamenti alla sua ambizione,ed anche alla sua voluttà, è senz'altro sottoposto ad una più larga sfera di cause occasionali morbifere." (B)

 

 

EPISTOLARIO

A causa dell'analfabetismo dominante è rarissimo trovare nelle cartelle lettere dei parenti che chiedono informazioni, ma nel caso seguente la fidanzata del ricoverato, oltre che premurosa è anche colta, e dobbiamo alla sua sollecitudine un cospicuo epistolario che narra da solo l'intera vicenda. La storia si dipana lentamente attraverso le varie lettere che aggiungono via nuovi particolari, fino allo scioglimento definitivo.

28 dicembre 1875

Il Sindaco del Comune di SC comunica alla Prefettura di Fermo che il maestro L M, nominato insegnante nella città di O un mese dopo "sembra per disgusto a guerre promossigli fuggiva insalutato da quella città, portandosi per la ferrovia in Ancona; quivi la vigilia del Natale, preso da pazzia, gettavasi nel porto e venne salvato da una guardia. Dalla medesima venne portato al Manicomio (della Provincia di Pesaro), da dove pochi giorni dopo incautamente una di lui fidanzata lo riscattava, non si sa come, portandolo seco a SC Sono parecchi giorni che qui dimora e la pazzia di lui anziché migliorare peggiora, andando ben di spesso sulla furia. L'incauta giovane è povera da non poterlo mantenere". Il Sindaco chiede perciò che il giovane venga trasferito nel suo paese natale.

29 gennaio 1876

L M viene ricoverato al Manicomio di Fermo

3 febbraio 1876

La fidanzata di L M, Adele, scrive al Direttore per avere notizie dell'infelice e svela gli antefatti. "Sappia che io dovevo essere la sua sposa entro il corrente mese, ed in vece mi è accaduta quest'orribile disgrazia. Da Ella stessa può immaginare lo stato in cui mi ritrovo ed è per questo che con le lagrime ai occhi le raccomando la salute di quello sventurato. Sarebbe mio grande desiderio di venire a ritrovarlo, ma prima bramo sapere se potrò rivederlo. Non può mai immaginare quale aggitazione sia per me il sapere il povero L al manicomio, perché qui da noi non commise mai nessuna pazzia. Ella in nome di quella sagra memoria più cara lo tolga al più presto da quell'orrendo luogo. Per carità mio buon signore esaudisca la preghiera di una povera orfana quale io sono. Ogni mia speranza la ritengo da Ella, e tutto quel bene che potrà fare all'infelice L il cielo gliene renderà merito.

7 febbraio 1876

Ricevuta una risposta dopo soli tre giorni, la fidanzata scrive di nuovo al Direttore, delineando il carattere dello sventurato.

"Egli partì da qui con l'idea di migliorare lo stipendio e andò maestro nella città di O, da dove appena compiuto un mese ne ripartì il giorno 23 dicembre. Nel medesimo giorno un cui viaggiava mi scrisse una sua lettera ove mi diceva che l'essersi trovato lontano da quanto a lui vi era di più caro li aveva cagionato un'oppressione di spirito così forte che l'aveva ridotto come un pezzo di tronco."

Tale lettera, non presente nell'epistolario, riferiva certamente il fatto che aveva scatenato la disperazione di M, come si deduce dal seguente scritto di un maestro suo collega, a cui Adele aveva chiesto informazioni.

21 febbraio 1876

“Quanto al fatto ch'egli racconta, io lo credo un delirio della sua mente ammalata; se ciò non fosse io ne dovrei sapere qualche cosa perché sono stato sempre al suo fianco eccetto i giorni in cui è stato in letto."

Si diffonde comunque in particolari sui pochi giorni trascorsi insieme. "Ella saprà che i nuovi maestri elementari di O. successero ad una confraternita di frati, i quali con astuzia gesuitica seppero cattivarsi l'animo di questa popolazione schifosamente bigotta. Avanti di partire però, con animo veramente cristiano si presero cura di prevenire i cittadini contro di noi, incontrammo perciò molti ostacoli nei primi giorni del nostro esercizio; i padri non volevano affidare l'educazione dei loro figli a dei mazziniani o garibaldeschi; vi furono dei rapporti in cui si lamentava la trascuranza dell'insegnamento religioso nelle scuole, e molte altre cose di simil genere. I proseliti dei frati soffiavano sul fuoco ed aumentavano il malcontento che regnava ovunque, e noi dovevamo abbassare il capo agli insulti vigliacchi d'una popolazione sacrestana. Questi fatti esasperarono l'animo del M a tale punto che quando ne parlava montava quasi in furore; erano quelli brutti giorni per noi, bruttissimi per lui fornito di un animo più sensibile e di un carattere più focoso del nostro. Un giorno sull'ora di pranzo fu portata una lettera diretta al M.; egli la lesse, impallidì e si levò da tavola precipitosamente ed uscì fuori. Sapemmo poi da lui stesso che era una lettera di un padre (certo V, farmacista) che con grossolane ingiurie gl'insegnava il modo di condurre gli allievi, lo accusava d'inetto nell'insegnamento, e faceva a carico di lui un rapporto al Sindaco. Il nostro amico aveva commesso l'orribile delitto di dare uno scappellotto al figlio di questo indegno padre. Questa cosa, riprovata poi da tutto il paese, ferì profondamente il M,  tantoché pochi giorni dopo cadde ammalato..... noi non lo vedevamo che alla sera; questa solitudine forse gli fu fatale. La vigilia della sua partenza lo trovammo in un estremo abbattimento morale.Ella poi sa il resto, cioè il modo strano con cui ci lasciò, tantoché ignari della sua disgrazia, gliene facemmo rimprovero in una lettera che ci pentiamo di avere scritta.  Se egli può avere qualche momento di lucido intervallo ce lo saluti tanto e gli dica che gli (abitanti del paese) non solo gli rendono giustizia e lo stimano, ma sono anche dispiacenti della sua perdita; aggiunga anche che quel padre audace è abbastanza punito dall'opinione pubblica. Il M è venuto costà già ammalato o il suo male è cominciato due o tre giorni dopo la sua partenza: Non c'è caso ch'egli abbia letto gli articoli infamanti del Corriere di Roma?"

Ci fu una scandalo pubblico, dunque, e la divulgazione delle accuse sui giornali avrà forse fatto temere al M di essere stato disonorato per sempre. Nella lettera successiva al Direttore Adele aggiunge alcuni particolari.

21 febbraio 1876

"Con sicurezza ho saputo che il M, per aver giustamente corretto il figlio di un giovane di speziale, ha incontrato un cattivo impegno. Per la ragione che il Padre di questo ragazzo non è niente di buono ed è da tutti conosciuto. Dietro questo fatto, mercè l'intervento di una compagnia dei così detti Sacchoni, che in una chiesa hanno perseguitato il povero M che si ritrovava ivi solo. Si dice che li hanno messo una grande paura e che di questo ne è stata la causa il Padre di questo scolaro, il quale come è da tutti conosciuto appartiene ... al Gesuitismo ecc. Oltre di tutto questo, sempre per il medesimo motivo e il medesimo soggetto una sera all'improvviso nel mentre che il M cenava con vari suoi colleghi sia comparso un così detto astrologo il quale ha influito sul M che già si trovava malamente disposto per le suddette ragioni.

29 febbraio 1876

L'infaticabile Adele si era rivolta anche al Sindaco della città, il quale risponde di essersi preoccupato personalmente di riappacificare il maestro con il farmacista, lasciandoli "in buona intelligenza tra loro. Per quanto io sappia non c'è stato alcun atto posteriore, né che il V (farmacista) abbia usato delle ostilità contro M ... Ella dovrà convincergli che il fatto di cui sopra non può essere stato la causa della malattia .."

9 marzo 1976

Adele scrive al fidanzato, dispiaciuta che non le risponda e temendo forse che non abbia ricevuto la sua lettera. Ignora evidentemente che a tal proposito il Regolamento del tempo recita " Sono inibite corrispondenze con gli alienati per mezzo di lettere e di ambasciate...."

"Sarei contenta che tu mi facessi sapere qualche cosa perché se non mi rispondi capirai da te stesso che non mi azzardo di scriverti perché io non so se tu sei contento che io lo faccia. Senti, se tu non hai più la volontà di scrivermi, farai quello che ti piace più a te.... Tu non darti nessun pensiero e devi star sempre allegro e contento, hai capito?

Io  poi bisogna che ti faccia sapere che sarei contenta che tu mi dicessi cosa devo fare di tutta la tua robba perché sta nelle mie mani e ora ti darò la nota di tutto quello che tengo del tuo. In primo ho sulle 100 e 20 Lire, ossiano sessanta lire che ti ha mandato il Sindaco di O, altre sessanta lire che tu avevi dentro il tuo Porta foglio. Poi vi è il tuo orologio, assieme a tutta la tua robba , ossiano i baulli. Vi è il Paltò, quello bianco, tutti i tuoi libri assieme alla tua Patente di maestro. Insomma, io tengo tutta la tua robba che hai del tuo e non è andato smarito nemmeno un piccolo pezzetto di carta.

Entro il tuo Porta foglio vi è il mio ritratto. Dimmi, sei contento che io te lo mandi? Dimmi ben il tutto, perché io farò tutto quello che mi dici tu. Dimmi ancora se saresti contento di rivedermi. Se desideri o no di venire per qualche giorno a S C. Fammi sapere la tua precisa volontà, giacché ti ripeto farò sempre la tua volontà. E più di così non posso dirti.

22 maggio 1876

Dopo un vuoto di tre mesi, ecco finalmente l'ultima lettera di Adele al Direttore, che contiene anche un breve messaggio di L, uscito in via sperimentale.

Egregio Signor Dottore

Che debbo dirle? Da lei debbo ripetere il beneficio della riacquistata salute, mentre maggiormente l'uomo sente la gratitudine spesso la parola non vale ad esprimerla intera. Dio la ricolmi di ogni bene, intanto mi creda

Suo obbligatissimo L M

 

EREDITARIETA’

"La storia della sua famiglia è turpe e macchiata di nefandezze".

 

fatture

Sono soprattutto le donne ad attribuire alle fatture la causa dei loro mali, ma a sua volta questa credenza è generatrice di tragedia e follia.

C'è il caso di una vedova che cade in un delirio melanconico  perché "crede di essere stata ammaliata dai vicini e pare che un tale l'abbia confermata in questa idea usando di certe imposture per liberarla da quella stregoneria ... Faceva credere di essere stata raggiunta da un incognito che le imponeva di abbruciare quegli oggetti di casa che difatti diede alle fiamme".

Una storia esemplare.

Una giovane di 26 anni, "anemica e clorotica", convinta che la sua amenorrea sia dovuta ad una fattura, si reca da un guaritore che le usa violenza, "facendole credere esser questo per essa l'unico mezzo di guarigione. A ciò si aggiunge (e ciò mi è stato riferito dallo stesso padre di lei) che il Confessore non ha voluto assolverla, le quali cose tutte possono avere influito, se non a produrre, certo almeno ad accrescere l'infermità della medesima .... L'atto più notabile con cui questa donna  ha dato a conoscere di aver perduto il senno è stato l'aver tentato per ben due volte di gittarsi dalla finestra. Del resto si mantiene sempre in stato di calma e tranquillità. La si vede dominata da un'idea che la attrista, ma essa non grida, non infuria e interrogata non risponde mai. Dorme pochissimo; e a stento, non che a letto, possono tenerla in casa, perché sovente tenta di uscirne e alcune volte n'è uscita pure in camicia. Spesso l'hanno lasciata andare a sua voglia seguendola d'appresso, e l'hanno veduta entrare in qualche chiesa dove è restata con lo sguardo fiso in terra, senza che le labbra dessero segno di pregare..."

 

FUOCO/ SOLE

Sembra più congeniale alle donne lo scatenamento delle fiamme con "abbruciamento" del proprio letto e poi di tutta la casa. 

C'è però il caso singolare di un cameriere povero: ferito nell'occhio e alla tempia nel 1870, durante la Guerra franco prussiana a Digione dove aveva seguito Garibaldi, restò in ospedale due anni. Quando tornò a casa "si mostrò sempre concentrato e malinconico. Sta lunghe ore in campagna adorando il sole, poi si chiude in camera accende il fuoco e grida”.

 

MANIACI

"Generi di alienati in cui ogni pensiero si volge sugli altri, e la cui mente rende imagine disordinata del caos". (B)

 

MISERIA

Sovrana del Manicomio è la miseria poiché da tuguri, catapecchie ed atterrati proviene la maggior parte dei suoi sudditi; veramente esiguo il numero di piccoli possidenti, studenti, commercianti, impiegati, artigiani, medici.

 

MONOMANIACI

" ... (genere di alienati) ove il pazzo sempre pensa a se stesso e si stima colpevole, si sente straziato, e sempre frammischia l'io in mezzo alle sue parole". (B)

 

PAZZIA

" La pazzia, ad onta della particolarità della sua forma, è sempre malattia sorretta da una condizione fisica". (B)

 

 RELIGIONE

La “monomania religiosa” si scatena per  cause diverse ed ha manifestazioni multiformi.

"A causa della lettura di libri devoti che ha portato idee piene di pregiudizi ... si denuda e va continuamente in Chiesa, canta forte, lancia sassi a tutti quelli che incontra".

"Cominciò coll'adorare smodatamente il Crocifisso e delle immagini e nell'istesso tempo a   bestemmiarle. Quindi fu sopraffatto da mania di tutto strappare in pezzi. Ed ora che trovasi in uno stato relativamente più calmo, ride, fischia, canta".

"Fa delle croci in terra con la lingua, orazioni continue, prediche".

"Si abbandona ad atti religiosi fra i quali quelli di tenere continuamente tra le mani un Cristo, atteggiarsi a predicatore, esporre simulacri nella Chiesa".

"Bestemmia e riprende altri della loro fede in Cristo di cui segue i passi, la vita, secondo la Bibbia. Paura e sprezza Santi e Madonne. Tronca le braccia a un Cristo...  Dice di esser stato venduto dal suo padrone per 40 scudi come Cristo per 30 denari".

E' palese l'ambivalenza nei confronti del sacro che viene invocato e di seguito maledetto. Frequente l'associazione del delirio religioso con manie di grandezza nel campo soprannaturale e in quello socio economico.

"è andato in Chiesa ed ivi ha bagnato la sua testa in acqua benedetta, parlando di molte cose nel modo più strano: disporre di crediti che non esistono, produrre citazioni legali che non ha fatto".

"Va nella Chiese domandando che vengano illuminate e dichiarandosi Dio".

"Commette furti  di arredi sacri, si crede in relazione con case regnanti, promette denari e cariche".

"Si ritiene Dio, santo e superiore a tutti, qualche volta dice di essere stato mandato da Cristo per fare in terra il postiglione pel paradiso".

"Diceva essere nato per la predicazione religiosa, dopo ascritto a sette religiose, quindi di esser stato nominato con  Breve del papa ad archiatra nel Vaticano".

Esemplare, a questo proposito, la storia di un ex soldato.

"Era di mente allegra, acuta ed intelligente. Divenne soldato e sotto le armi cominciò per esser timido: egli fu impiegato nella repressione del brigantaggio e forse contrasse una suscettibilità nervosa altamente squisita. (Ritornato a casa diventa garzone e si dà al gioco d'azzardo). Le perdite continue cominciarono ad infiacchirlo e snervarlo, ripetendosi i medesimi fatti si ridusse all'estremo della miseria. In questa contingenza, per mancato alimento nutritivo, cominciò a dimagrire, a soffrire una disgrazia..... Ha sensazione di fuoco nel cervello, gli occhi si iniettano, comincia a soffrire di "ottusità di mente, uno svagare di reminiscenze ed un tremolio nelle braccia. La testa egli diceva di sentirla bene, ma intendeva di non intender bene come prima ….Venne di notte un accesso di mania. Si credeva soffocare , invasato dai demoni, santificato alle immagini dei santi che aveva contro. Poi successe il fatto di non rendere cibo per dovere essere avvelenato.... Il delirio man mano divenne furioso, predominava la idea di esser millionario e poi ebbe a calmarsi leggermente. Dopo circa un mese la scena mutò di aspetto. Continuava una monomania religiosa mista a fantasticherie straordinarie, si credeva un inquisitore celeste, pensava di avere i serpenti e la potenza di mandarli via e poi un continuo cicaleccio per aver danari ed in questa idea di millioni si cullava dolcemente a preferenza di ogni altra".

 Nel delirio religioso il diavolo è una presenza rilevante. Molti sono improvvisamente folgorati dalla certezza di essere destinati all'inferno, talvolta senza aver commesso alcuna colpa, talaltra a causa di peccati ostinatamente taciuti. Numerose le donne in cui la monomania religiosa si è manifestata in seguito a un'apparizione diabolica.

"Gridava: “Oh, il Demonio! Io son dannata!".

"Già stata religiosissima e di irreprensibile condotta, alterna preghiere a discorsi osceni, dice di essere tentata dal demonio".

"Sorpresa dall'idea d'essere stata rapita l'anima dal diavolo per peccato non confessato emette forti grida di essere divenuta Diavolo anch'essa scagliandosi contro i vicini per acquistar anime tirandogli tutto quello che capita, pungendosi la pelle con ortica".

 

 

SANO DI MENTE

Argomentazioni intorno alla sanità e alla follia nella perizia su un detenuto, richiesta dal Tribunale al Direttore del Manicomio.

".. (Il paziente) assicura di aver sofferto in passato di una malattia convulsiva che lo attacca improvvisamente... Può ritenersi che quegli accessi che furono veri, da epilessia non derivarono, avendo egli dichiarato che durante i medesimi conservò la sensibilità e la conoscenza del proprio stato all'opposto di quanto suole avvenire in quelli che vengono presi dalla terribile infermità. D'altra parte, bevitore bettolante, fu visto sovente vagare ebbro e chiassoso per la città e questa viziosa abitudine, lungi dal negare, francamente confessa.... Ha sempre menato una vita sregolata. Dopo aver vagato lunghi anni lontano dalla patria vi si torna senza parenti e senza amici, senza tetto e senza pane, indigente. Disprezzato da tutti, sorvegliato e unito come ozioso e vagabondo esce dal carcere per tornare alla taverna e dalla taverna ritorna al carcere più miserabile e degradato di prima ... finché affranto dalle infermità che sono retaggio dell'ubbriachezza, la mente sconvolta, l'animo irritato dalla più squallida miseria, mendico infermo, delinquente e pazzo, ei non trovi durevole ricetto in un ospizio o in un carcere..... Da che fu ammesso in questo manicomio d'ordine della Regia Procura, io lo tenni sotto assidua sorveglianza e niuna indagine omissi che valesse a verificare la supposta alterazione della sua mente, l'interrogai sovente, lo trattenni in lunghi conversari  e sottoposi ad una profonda osservazione tutte le manifestazioni del suo intelletto e della sua volontà. Idee, affetti,istinti, tutti interrogai i suoi atti, le sue parole, le azioni della vita passata; cercai di penetrare fino al fondo della sua intima coscienza... Il suo contegno fu sempre tranquillo, disciplinato e non rivelò mai alcuna bizzarria od eccentricità di carattere.

D'altra parte la conformazione del cranio e l'abito esterno del corpo nulla offrono di rimarchevole. L'attività della persona, l'incesso, i gesti, la tenuta delle vestimenta, la fisionomia, i dettagli e l'insieme dei lineamenti del suo viso, l'espressione dei suoi sguardi non forniscono alla più attenta osservazione esterna verun dato di follia. Le sue idee sono rette e normalmente associate, l'attenzione è vigile, la memoria conservata, l'immaginazione contenuta nei giusti limiti, integra la volontà. Lo stesso sentimento morale non è spento nell'animo suo. Egli conosce la falsa posizione nella quale si è posto in mezzo ad una società che lo respinge dal suo seno e quindi si propone di cercare sotto altro cielo un'esistenza normale dandosi ad una vita laboriosa e regolata. Ma per malfermi propositi, non deve porsi fidanza.

Partendo da questa città egli porterà seco la sua fatale passione: difficilmente saprà separarsi da un vizio al quale facilmente si abbandona malgrado le altrui ammonizioni e le più solenni promesse. (Il paziente fu sottoposto ad osservazione per un mese. Questo periodo che in altri casi potrebbe sembrare molto breve in questo caso è sufficiente, a seguito delle seguenti considerazioni). Il periodo d'incubazione allorché si verifica per una durata limitata è caratterizzato da capricci, bizzarrie ed eccentricità, da notevoli cambiamenti del carattere e nei sentimenti affettivi, da sovrattività dello spirito, oppure da offuscamento intellettuale e da morale prostrazione. Nel caso dello S questi fenomeni non avvennero. (Gli atti da folle compiuti in carcere, come stracciarsi le vesti ed insultare i vicini, durarono poco e allora o erano simulati, oppure si tratta di pazzia fugace e transitoria). D'altra parte è vero che tra gli ultimi confini della follia e della ragione non vi ha una assoluta linea di demarcazione, che è difficile lo stabilire ove finisca la ragione e dove comincia la follia, ma per giudicare un uomo pazzo è pure necessario che si verifichino gli estremi della pazzia desumibili dall'esame del soggetto e delle sue azioni.  Procedendo con altri criteri, il campo della ragione verrebbe ristretto ogni giorno in angusti confini e per logica conseguenza saremmo portati a considerare come folli tutti coloro che si abbandonano ad una vita sregolata, e tutti i delitti si potrebbero giustificare attribuendoli ad una follia latente che con una subitanea esplosione ha finalmente rivelato la propria esistenza....Dichiaro dunque che lo S non è alienato di mente che l'aberrazione mostrata nel carcere desta qualche sospetto di simulazione".

I dati sulla conformazione del cranio, tanto cari a Lombroso, compaiono nelle richieste delle Modula a partire dai primi del Novecento, nelle cartelle del Manicomio resistono fino agli Anni Settanta.

 

 

 

SGUARDO

Ricorre spesso il timore dello sguardo come minaccia, come pericolo di intrusione nella propria persona.

- Un detenuto accusato di aver ucciso la zia aveva manifestato la follia con il "non voler essere guardato e nascondersi".

- Un disegnatore meccanico “un giorno avrebbe scalato un soffitto per esaminare un occhio che lo guardava”. Come non pensare all'influsso dell'icona religiosa, l'occhio di Dio inscritto in un triangolo, onnipresente ed onniveggente?

 

 

STUDIO

"Fuvvi abuso di occupazione intellettuale?” Chiede una Modula. “Grande” risponde il medico condotto. Anche da parte di uomini di cultura (chi ha ideato il modello e chi lo compila) condivide dunque la diffidenza popolare nei confronti dell’eccessivo uso delle facoltà astratte del cervello che porterebbe ad un suo logoramento o deragliamento.

Spesso è l'assillo della scuola a condurre alla follia i giovani, come il diciassettenne che "inveisce contro il Direttore della scuola e contro i genitori, poi si getta al fiume... molto  preoccupato dal pensiero degli esami".

Uno studente in medicina povero, a causa “del soverchio studio... teme di essere avvelenato dalla famiglia, inveisce .... crede di essere un gran personaggio e dotato di potere illimitato. Si è gettato da un'alta finestra per sfuggire alle persecuzioni di cui si crede oggetto". Uscito dopo un anno scrive al Direttore per riavere il suo Alfieri.

La continua lettura di romanzi, invece, altera la mente del mercante venticinquenne che "due o tre giorni prima delle manifestazioni della pazzia vendeva le sue robe a tanto vilissimo prezzo da donarle quasi. In seguito manifestò una continua lagnosità con discorsi che non avevano nessun senso ... stando sempre in piedi ed andando per di qua e di là. Ora si credeva un forte guerriero che riunendo una gran numero di soldati avrebbe conquistato un trono... ora si credeva milionario".

 

SUICIDIO

Tra le cause dei tentativi di suicidio: la miseria, la perdita di un figlio o la sua partenza per la leva,  l'ambizione delusa.

Frequentemente la morte viene cercata per acqua: nel pantano, nel pozzo, nel fiume.

Un bracciante diciassettenne, sofferente di febbre terzana contratta a Roma, quando torna a casa si sveglia di notte "gridando che vedeva la Paura. Dice di voler andare ad annegarsi e vedendo il sole dice: Sole mio bello non ti vedrò mai più". Mentre cerca di tagliare con un coltellino da tasca il filo delle Pazienze che porta al collo, la madre accorre temendo che si voglia uccidere, la lanterna le cade a terra e si spegne, gli si accosta al buio e in questo trambusto viene ferita. 

 

 

Nota:

Tutti i riferimenti sono tratti dalle cartelle cliniche dell'archivio del Manicomio di Fermo (1854/1911), ad esclusione di quelli segnati con (B), provenienti da: Ospizio Provinciale de' pazzi in Fermo, Rendiconto Statistico sul movimento degli alienati dall'anno della sua fondazione 1854 a tutto dicembre 1864, del Medico Direttore e Primario Condotto Alessandro Bianchini, Tipografia Paccasassi, Fermo 1865,  ASAP, Fondo Provinciale, Atti Amministrativi.

 Le  fotografie provengono dalla Fototeca della Biblioteca Comunale di Fermo

 

 

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