Joyce Lussu, Luana Trapè, Sulla
civetteria, Voland, Roma 1998
INTRODUZIONE
Luana Trapè - Che cosa significano le parole
‘civetteria, civetta’? Tutti lo sanno, è semplice; ma una ricerca
etimologica complica notevolmente le cose. La donna che cerca di attirare
l’attenzione con comportamenti civettuoli viene chiamata con il nome
dell’uccello rapace notturno, simile al gufo, che scompare nella notte
grazie al suo non-colore, il grigio cenere. Questa operazione metaforica
mette in comunicazione in modo apparentemente assurdo due opposti: un essere
che si nasconde nell’ombra, un altro che si mette in luce. La distanza
aumenta se si risale al termine greco glaux che rimanda a Pallade Atena,
detta ‘glaucopide’, dagli occhi chiari - come si impara al liceo - ma anche
dagli occhi di civetta, l’uccello che alla dea si accompagna, simbolo della
sua saggezza e prudenza; al contrario, il verbo greco akkizomai, civettare,
nasce da Akko, donna famosa per la sua stupidità. Tuttavia una relazione
profonda tra i due esseri esiste: dice infatti il dizionario che la civetta
“viene impiegata come richiamo nella caccia alle allodole e, per attirare la
preda, sbatte le ali e le palpebre, catturandone così l’attenzione. Per tale
motivo lo stesso nome è attribuito alla donna che con abbigliamento, vezzi,
moìne eccessive, cerca di attirare lo sguardo degli uomini”.
Ecco alcune parole chiave per la nostra
discussione: il nascondersi e il mettersi in luce, la caccia, l’intelligenza
e la stupidità, lo sguardo.
Joyce Lussu - Vorrei fare una chiacchierata
fluida, corrente, dicendo liberamente le cose che pensiamo, senza proporci
una struttura precostituita, rigida. Questo ci dà molta libertà: non
dobbiamo dimostrare nulla, ma arpeggiare con leggerezza...
Luana Trapè - . . . toccare velocemente con
le dita, sfiorare degli argomenti, prendere una parola e ricamare, divagare.
Seguiamo la via delle allusioni, attraverso
frasi, versi, ricordi, citazioni filosofiche e letterarie, storie vere che
ci ronzano nella testa.
Joyce Lussu - Certo, noi non vogliamo offrire
alcuna illusione, bensì fare delle ipotesi su un possibile percorso.
Luana Trapè - Per prima cosa allora dobbiamo
fare delle scelte, passare al vaglio le definizioni della civetteria: qui
raccogliere, là negare, scartare. Dobbiamo scegliere la via su cui
camminare. La maggior parte dei dizionari che ho consultato riporta
apprezzamenti pesanti, sprezzanti, nei confronti del la civetta, definita
sciocca, frivola, superficiale, volubile, vani tosa, artefatta, falsa,
finta. Sembrerebbe quindi una donna che può interessare pochi uomini, di
poco valore, o di bassi interessi.
Joyce Lussu - Se dobbiamo selezionare, per
prima cosa non vorrei parlare della vanità, che è pesantezza,
significherebbe sminuire la civetteria.
Luana Trapè - Si pensa subito all’Ecclesiaste:
“Tutto è vanità”, ai peccati capitali, al vuoto, al disprezzo della materia
in cui il nulla e il demoniaco si congiungono, come si vede nelle tavole di
Bosch: una donna vanitosa si guarda nello specchio, ma al posto della sua
immagine compare il diavolo. Tutto questo immaginario cattolico aleggia, mi
pare, nella gran parte delle definizioni negative della civetteria, che
comprendono anche la seduzione, con il suo corteo di ammaliatrici e
incantatrici, streghe e sirene, insaziabili e insidiose, che catturano la
preda usando il potere dello sguardo, che portano l’uomo al male e alla
morte esercitando un fascinum, un maleficio, un malocchio. E per finire c’è
la doppiezza della donna civetta che, andando a caccia di uomini, lusinga e
fugge, si offre e si sottrae: questo era il doppio senso della metafora, il
situarsi della civetta tra ombra e luce.
Joyce Lussu - Questo viaggio tra le parole
l’abbiamo fatto tutto in discesa, siamo arrivate in fondo, ma adesso
dobbiamo risalire, ricostruire. Io terrei come punto di riferimento George
Simmel, un filosofo che all’inizio del Novecento ha scritto un saggio sulla
moda e la civetteria, con delle riflessioni decisamente moderne.
Luana Trapè - Sono d’accordo, anzi lo
inviterei addirittura qui a dialogare con noi, per suggerirci le linee da
seguire, una indicazione di rotta.
E le definizioni negative della civetteria
non mi limiterei a ignorarle: ne vorrei parlare, combatterle, contestarle e
comincerei dall’accusa di finzione, di falsità e artificio.
Capitolo I
COMINCEREI DALL’ACCUSA DI FINZIONE, FALSITÀ,
ARTIFICIO,
passando attraverso la misoginia
Joyce Lussu - Partiamo dal marivaudage, il
marivaudismo, lo stile di Marivaux, che gli meritò da parte dei suoi
avversari l’accusa di artificio e virtuosismo.
Luana Trapè - Sono pienamente d’accordo con
loro, rovesciando però l’accusa in lode. Lo stile di questo autore, infatti,
non è un capriccio preziosistico, bensì la forma naturale per descrivere
l’atteggiarsi delle ‘civette’ del tempo.
Nella Vita di Marianna l’autore finge di aver
ritrovato in manoscritto le lettere di una donna a un’ amica, e di averle
pubblicate senza alcun intervento o giudizio; dunque quello che si leggerà —
sembra dire candidamente — non è una sua invenzione, bensì il resoconto in
prima persona della protagonista su fatti realmente avvenuti. Attraverso
questo artificio Marivaux mostra di aver appreso perfettamente l’ambiguo
meccanismo della civetteria, perché essere virtuoso significa…
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