(pubblicato in Ut 1/2009)

 

 

Luana Trapè

 

Il varco

 

Quando cominciarono le prime doglie consistenti, Marta fu accompagnata nella stanza destinata al parto in acqua. Era come attraversare un varco magico, sembrava di uscire dall’ospedale per entrare in un altro mondo. I mobili di vimini intrecciati, la coperta e le tende di broccato, l’abat jour, tutti in verde, la radio sopra il cassettone, i poster di mari tropicali alle pareti: come in un albergo accogliente, suggerivano l’idea di vacanza in un’isola lontana, di quiete e insieme di allegria.

Per prima cosa Marta aprì la valigetta del bambino, distese un asciugamano sopra il tavolo e ci dispose con cura i suoi vestiti: i calzettini e la camicetta della fortuna rossi, bianchi la maglietta di seta, il pannolino, la tutina, il bavaglino. Poi, seguendo le istruzioni dell'infermiera, si spogliò completamente tenendo solo il reggiseno di pizzo che aveva comperato appositamente per l’occasione, e andò nel bagno. Sulla gigantografia che si estendeva per tutta la parete di fronte, una cascata si riversava in un laghetto azzurro, tra rocce coperte di muschio e alberi con le foglie lucenti e i rami ondeggianti. Si sentiva perfino il fragore dell’acqua: era la grande vasca lì sotto che si andava riempiendo. Marta si immerse. C’è una foto che la ritrae sorridente, fiera e opulenta come un'imperatrice romana, in un’altra invece approda sfinita e con gli occhi lucidi sull’orlo estremo di una doglia.

A ondate successive, infatti, contrazioni violente la assalivano; come le sentiva arrivare si attaccava forte alle maniglie e aspettava tenacemente che rifluissero e si sciogliessero. Il marito le era accanto, le carezzava i capelli e le guance leggermente, come una brezza. L’infermiera, controllando la temperatura nella vasca si accorse che usciva acqua fredda dal rubinetto di quella calda e lo chiuse immediatamente. Il boiler si era guastato. Allora corse subito fuori, presto ritornò con due bricchi pieni, li versò e guardò il termometro. Ogni dieci minuti ripeteva l’operazione.

Negli intervalli di distensione, sempre più rari, poteva entrare la madre che aspettava fuori, e Marta abbozzava un sorriso vedendo i suoi patetici tentativi di spianare la maschera d’angoscia che le irrigidiva la faccia. Si stringevano le mani. La madre chiedeva: “Come va?” sottovoce, come se stessero in chiesa, poi rimaneva in silenzio a guardarla con amore disperato.

Poi giunse la tappa finale, Marta fu fatta uscire dalla vasca, sfilò il reggiseno bagnato, si asciugò, indossò un accappatoio rosa. L’infermiera tolse la coperta rivelando il telo di plastica che copriva interamente il piano del letto, la aiutò a distendersi, poi, attenta a non fare troppo rumore, avvicinò un armadietto metallico a rotelle con gli strumenti chirurgici. Le doglie si susseguivano serrate, penetranti, inesorabili. Era giunta l'ora di chiamare la dottoressa. Marta aveva l'impressione che mascelle la triturassero, che uncini di ferro la squartassero, non riusciva più a governare il suo corpo, ma l'ostetrica la incitava: "Non ti arrendere, spingi, spingi, spingi più forte!". Dopo qualche minuto la testina varcò l’uscita. Marta sentiva mani agitarsi dentro e intorno a lei, a un tratto avvertì come un’esplosione nelle viscere, una voce disse: "Ecco, è fatta!". Allora si abbandonò. Il neonato strillò forte. Il marito, che stava pronto con la telecamera, scoppiò in singhiozzi e la ripresa in quel punto è a tratti mossa e sfocata, sfarfalla di qua e di là per la stanza. Fu tagliato e annodato velocemente il cordone ombelicale e intanto Marta tendendo la mano senza riuscire a tirarsi su, si contentava di sfiorare il suo bambino con le punte delle dita. Poi lo avvolsero in un panno verde e glielo adagiarono tra le braccia, tutto urlante e macchiato di sangue. Allora vide per la prima volta quello sconosciuto che era uscito da lei. Aveva tantissimi capelli, la faccia violacea e congestionata. Era bellissimo. Piansero un po’ insieme mentre lei lo cullava delicatamente, e gli diceva: "Non piangere più, amore mio, adesso sei arrivato, finalmente!"

 

 

 

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